domenica 5 ottobre 2008

Quasi Primo Quarto, Luna in Sagittario

Parigi conferma la fine del volume già notata a Milano; ma se quel volume a Milano cade, cede, capitola rovinosamente come le modelle di Prada (i cui capitomboli sono già culto) e si sgonfia, si affloscia o si squarcia in migliaia di frange, a Parigi il volume shhup! si ritira e si prosciuga. Così i nefasti leggings si arrampicano su per il corpo e avvolgono ora tutta la figura - come da Balenciaga, dove aldilà dei soliti futurismi ciò che colpisce di più sono appunto le calzamaglie colorate che coprono tutto, mani e scarpe comprese; o come da Margiela, che saluta e se ne va dopo vent'anni di onorato servizio con una sfilata esemplare, folle e magistrale come solo lui sa essere, e dove le modelle hanno il volto insaccato nella lycra color carne o indossano le parrucche alla rovescia, curiosa alternativa al trend milanese delle frange - ma siamo a Parigi, c'est possible. Solo per questo infatti è perdonabile l'uscita di Sonia Rykiel di abito con stampato il suo faccione e finti capelli rossi a incorniciarlo, una specie di inquietante pelliccia, così sublimamente orendo da sfiorare il capolavoro camp.

Alexander McQueen invece imprigiona i capelli delle modelle in retine che li schiacciano sul viso e, sotto gli abiti strutturati, mette dei top di tulle trasparente ricamato, che fa molto Leo Gullotta quando diventa la signora Leonida. La cosa più interessante sono forse le stampe: venature del legno, ma perfettamente simmetriche, così come le sfaccettature del diamante sono speculari sulle metà del corpo. E se a primo impatto i completi stampati strizzano l'occhio (anche tutti e due, volendo) a Balenciaga, il concetto di volume che le angolature del diamante suggeriscono è in realtà appiattito dalle stampe, diventando quindi quasi uno scimmiottamento di Balenciaga e delle sue costruzioni. Il diamante è comparso anche da Margiela, ma senza impacci concettuali: un top perfettamente tondo e piazzato sopra la modella come un'enorme pizza Napoli. E rieccoci a Prada (i miei lettori conoscono la mia monomania): gli orecchini erano pendenti di brillanti, guarda un po', e soprattutto ora ha un senso lo stropicciato, se non lo si chiama più stropicciato ma multisfaccettato. Mentre alle stampe legno di McQueen Miuccia contrappone il pitone pixelato, il suo modo per tornare al "primitivo" ma allo stesso tempo guardare avanti. Allusiva e sottile: pensiamo al "fantasmino" indossato sotto quei 16cm di platform: oltre a reinterpretare quello che è ormai un classico di Prada - il sandalo col calzino, come moltre altre soluzioni nerd - conferma il concetto di "sacco" che fa da fil rouge tra gli abiti (appesi e allacciati da nastri, come a "imbustare" il corpo) e le borse, appunto dei semplici sacchetti di pelle. Infatti, più che di "fantasmino" dovremmo parlare di "sacchettino per i piedi", degno erede di quel laccio color carne che gira intorno alle scarpe di questo inverno - inverno del must del collo coperto, e infatti questo laccio passa appunto sopra il collo del piede.

Torniamo al pixelato, o meglio quadrettato, che compare anche da Dries Van Noten - meglio l'uomo che la donna, ma tant'è - e da Yves Saint Laurent, che Stefano Pilati disegna rincorrendo una certa "voglia di semplicità", ma non la raggiunge, ops.

"Very Facchinetti" la collezione di Valentino, anche troppo. Trombata per la seconda volta dalla lobby degli accessori, come con la malefica Frida da Gucci, Alessandra si ritrova di nuovo in miezz'e via nonostante una sfilata graziosa e bon ton (o anche, volendo, insulsa come l'acqua tiepida) al punto giusto per far licenziare la figlia di Roby dei Pooh praticamente il giorno stesso. Che la sua vera vocazione sia la musica?

L'ultimo giorno di sfilate si chiude con Louis Vuitton - "boh?" - un Alber Elbaz per Lanvin molto applaudito (un bel lavoro, forse un po' troppo fru fru e con gli ennesimi accenni a Ghesquiere, ma che ci vogliamo fare) e Miu Miu, destinata ad essere sempre un gradino sotto Prada, ma contemporaneamente un passetto avanti. Collezione "Pompei", quindi, perché siamo avanti: plissé ovunque (carina l'idea che sia logoro e consunto, ma mi fa un po' troppo Chanel quest'inverno nel tentativo di avere i suoi 5 minuti di modernità), accessori in rettile o in juta (e scarpe "normali" e soprattutto sicure) e tanti grembiulini, plissé, noblesse oblige. Il pixelato di Prada mette la retromarcia e ripropone in stampa i mosaici della città sepolta (non a caso il filtro per pixelare in Photoshop si chiama Mosaic) con il tocco dada della lava che cola qua e là. Cave Miucciam.


3 commenti:

When the Robins Came... ha detto...

..e Chloé?

la zitella illetterata ha detto...

non so bene come, ma blogspot s'è mangiato l'altro tuo commento, che riporto qui di seguito:
"..mi pare d'aver letto già della tua ostilità ad Armani, condivido, la cosa più bella è il ponteggio in via Manzoni (ci voleva un altro hotel). Su Miuccia un pò presto con lo stropicciato, anche se gli cambi nome, perfetta come sempre e ripetitiva, prevedibili i naturali. Tutte signore, basta andare in negozio e si è circondati da 50enni, da Marni anche, da Miu, uguale oh oh, ho detto e sono uscita. Sarebbe meglio un periodo di riflessione, sano minimal nero..
(scusa se non ti do del lei, ma non ti conosco).

.-) "

concordo sul periodo di riflessione, infatti di recente, quasi senza volerlo, metto più nero (che non ho mai amato particolarmente). e sul minimal concordo ancora: infatti la sfilata più bella è stata quella di jil sander, alla fin della fiera.
chloè l'ho guardata ora... dati i tuoi disegni immagino ti piaccia... io invece quando vedo un fiocco mi sento male, sarà che ne ho disegnati troppi da piccolo:)

When the Robins Came... ha detto...

..ho avuto un solo amore (Marc), ma è finita da tempo. Mi è costato moltissimo in sofferenze, delusioni e scarpe:-)