Gabrielle
Coco avant Chanel non è un film particolarmente degno di nota, né bello, né profondo. Racconta la vita di Coco prima della moda; una vita, almeno per come la descrive il film, non particolarmente movimentata, ma forse questa è un'impressione di chi guarda il film sapendo cosa sarebbe successo a Coco dopo.
A dispetto di questo e dell'inevitabile storia d'amore che domina la narrazione e la resa robotica di Audrey Tatou, che ha principalmente il merito di somigliare sì e no all'originale, si riesce a percepire chi era Coco. Personalmente ritengo che non fosse così figa di legno come Audrey (dev'essere il glamour commerciale di questo nome) ma decisamente più ruspante; eppure riesce ad emergere la visione anticonformista di questa donna. Una visione quasi profetica, così illuminante da riuscire a definire non solo i canoni di uno stile senza tempo, ma anche l'apice concettuale della moda del XX secolo e di questi primi disordinati anni del XXI, delineando non solo uno stile ma una tipologia di donna. Anzi: l'archetipo della donna contemporanea tradotto in termini pratici, e non sto parlando di perle false né di borsette trapuntate né di profumi.
Quell'archetipo era Coco stessa, Gabrielle che, mi piace pensare, preferiva a quel ridicolo soprannome l'epiteto che meglio la distingueva, come una donna che bastava a se stessa - lo chic di tutta una vita e un pensiero, in un nome: Mademoiselle.