domenica 29 marzo 2009

Il cenino della duchessona era una barba

Consigli alla signora che vuole "arrivare"

Abbia un cuoco francese, elargisca laute somme alle Opere benefiche capeggiate da dame autorevoli; inviti spesso qualche nobile, decaduto ma à la page, disposto a consigliarla e a pilotarla in cambio di un posto sempre disponibile a tavola. Abbia una casa arredata da un decoratore di gusto sicuro e piuttosto tradizionale (quadri moderni se crede, ma mobili antichi) e quando riuscirà a riunire nel suo salotto un mazzetto di marchese e contesse non imiti di colpo i loro modi di parlare; non inserisca a vanvera parole straniere nella conversazione; non inauguri un'aria annoiata e blasée; si dimostri invece felice di riceverle, di stare fra loro, dia a ognuna l'impressione che è quella, fra tutte, che lei ammira di più. Non evochi i "pensionnats svizzeri" della sua infanzia, "la collezione di porcellane cinesi" di suo padre, la "classe" che aveva sua nonna. Perderebbe di colpo la loro benevolenza. Meglio, piuttosto, inserire frasi di questo genere: "Io che non ho avuto un'infanzia privilegiata come tutte voi...", "Mio padre, che s'è fatto da sé..." ecc. Si dirà di lei che ha l'orgoglio di essere quello che è, e il coraggio di non rinnegare le sue origini. Non si associ troppo presto ai pettegolezzi delle sue nuove amiche, non dichiari che "il cenino della duchessona era una barba". Per molto tempo ancora questo linguaggio e queste malignità le sono vietate. Se qualcuno pronuncia in sua presenza un commento del genere, potrà tutto al più rispondere: "Può darsi, ma in tutti i casi io invidio alla duchessa i due Tiepolo del salone...", che non c'entra nulla, è vero, ma deporrà per la sua discrezione e per il suo amore per l'arte. Per concludere, se un giorno si accorgerà che nel mondo della "crema" non è tutto oro quello che riluce, non si atteggi a Grande Disillusa; dimostrerebbe solo leggerezza e malafede. In quel mondo lei ha voluto entrare non per cercarvi delle amicizie profonde, ma delle conoscenze brillanti. Non per riempire il vuoto dell'animo, ma per riempire il suo salotto. E tutto sommato ha avuto quel che ha voluto.

da Il saper vivere di Donna Letizia, Mondadori

giovedì 26 marzo 2009

Luna nuova, in Ariete. Dopo l'Equinozio di Primavera

Il marito della signora Rosi non era originario del paese di lei; per questo né la sua conoscenza né la sua compagnia erano mai state cercate, tanto più che a lui sembravano non interessare affatto - forse si sarebbe comportato diversamente in una comunità di persone un po' meno di paese, ma era ormai troppo tardi per scoprirlo.
Era morto. Pur essendo una presenza silenziosa, un fantasma, praticamente solo un nome vestito di un corpo, aveva scelto una maniera alquanto chiassosa di andarsene; un coup de théâtre.
Sembrava che i paesani non aspettassero altro - non tanto la morte del vecchio signore, no: volevano uno show.
L'unica che non aveva approfittato dell'occasione per schizzare di corsa fuori dalla propria ordinarietà era la signora Rosi; manteneva intatto il suo aplomb e quel senso dell'ironia che sfuggiva all'opacità delle menti di quel posto.
Non che non soffrisse; quello che la faceva stare male - o meglio, la indispettiva - era l'accanimento e la profusione di condoglianze di quella gente insipida e meschina, che pagava in questo modo il biglietto per poter assistere allo spettacolo della morte di suo marito. Ma l'aveva preventivato, così come aveva presentito con freddo intuito il piano di quell'uomo assurdo.

Achille Rosi era morto schiacciato da una palla di ferro, una di quelle che si usano per demolire i palazzi vecchi.
Il palazzo vecchio del caso era il piccolo condominio di fronte a casa Rosi, nel quale il signor Achille possedeva due piccoli locali che usava come studio; vale a dire che il signor Rosi trascorreva l'intera sua giornata là dentro, salvo il sacro momento della minestra, che aveva imposto a sua moglie come imprescindibile vincolo matrimoniale.
La mattina del fatto era uscito di casa prestissimo; la signora Rosi aveva creduto di scorgere in quella levataccia del sentimento, che portava il signor Rosi lontano per non assistere allo sbriciolamento del suo ritiro. In realtà, voleva semplicemente anticipare i muratori.
Era ancora troppo presto per stabilire se il signor Rosi fosse morto sepolto dalle macerie o proprio per il colpo della palla di ferro, fatto sta che lui stava lì sotto - era proprio lui, le pantofole ancora calzate lo testimoniavano.
La signora Rosi continuava a sbirciare sulla strada per poter scorgere l'ambulanza e i vigili del fuoco e per respingere con lo sguardo la folla di curiosi che si stavano dimostrando più tempestivi dei soccorsi.
La piccola Alma osservava la palla e le pantofole, stringendo con una mano il grembiule della sua nonna elettiva, e insistendo nel sostenere che il "nonno" non voleva essere schiacciato: voleva essere sparato via, il più lontano possibile.
"Basta, Alma. Qualcuno potrebbe finire per crederci e spettegolare". Ovviamente la signora Rosi sapeva che la bambina aveva perfettamente ragione.

"Stasera niente minestra. Vero, nonna?"

domenica 22 marzo 2009

Luna calante, in Acquario. Equinozio di Primavera

Utility

Non c'è niente di nuovo sotto il sole. Nonostante la tanto millantata crisi - basta! - Parigi mantiene il suo profilo couture - scelta di dubbio gusto, forse, ma inevitabile: non si può fare una sfilata troppo vendibile, altrimenti si fa Milano. Sotto questa luce risulta molto azzeccata la scelta di Marc Jacobs, che sovraccarica di anni '80 le sue sfilate creando un effetto boomerang che annulla qualunque guizzo di modernità - e per quanto l'eccesso sia nel suo caso una scelta consapevole, risulta troppo spesso più camp che kitsch.
Les autres giocano a copiarsi a vicenda, come del resto a Milano, senza risultati particolarmente degni di nota. Non delude però Dries Van Noten, che dopo una magistrale sfilata uomo presenta una donna così fresca e leggera da essere quasi primaverile, se non altro nei colori - il degno contraltare di quella frocia orrenda di Marc Jacobs.
Sgomento alla Maison Martin Margiela - o la sfilata è così avanti che non potremo capirla se non tra un paio di stagioni, oppure lui non disegna più - più probabilmente.
Chi non perde un colpo però è sempre Rei Kawakubo per Comme Des Garçons, che porta sulla passerella il nuovo trend - no, non le spallone, non i drappeggi, non i '40 né gli '80. La Kawakubo fa sfilare il volume post-Balenciaga, vale a dire dopo questi ultimi 3/4 anni di forme a uovo, gonne a palloncino, spalle a rubinetto, culi a padella e chi più ne ha, più ne metta. L'insopportabile volume a tutti i costi finalmente si sfalda, si squarcia e si riadagia sul corpo come un arazzo (vedi infatti i cappotti dagli jacquard arabeggianti), usandolo come un appoggio e scoprendo la dualità del davanti-dietro, di cui la Kawakubo elabora alcune delle potenzialmente infinite derivazioni - la stessa che già Miuccia suggeriva a Milano negli spacchi dei cappotti e dei vestiti di pelle laserata.
Quanto ci metteranno gli altri ad afferrare il concetto?

mercoledì 4 marzo 2009

Luna Crescente, in Gemelli. Piove

Riso amaro

Le contingenze economiche mondiali, vere o supposte che siano, hanno portato il calendario della settimana della moda non solo a spostare il tradizionale primo giorno da sabato a mercoledì, ma anche a ridurre le sfilate in programma.
Condensazione che però non significa necessariamente miglioramento. E infatti.
A parte la pochezza del riproporre di nuovo gli anni '80 spacciandoli per un sorprendente ritorno - sì, signor Marc Jacobs, sto parlando anche con te - ma quello che lascia interdetti è il solito nulla che dilaga inesorabile sulle passerelle.
Si salvano sempre i soliti: Jil Sander, pura, portabile, più che minimale, essenziale; Prada, coi suoi anni '40 rustici, rossi, ostici - meravigliosi. E basta. Due su ottanta e passa. Eh, la crisi...